domenica 20 maggio 2012

Perchè anche gli intolleranti, a volte, si meritano un dolcetto

Da circa un mese e mezzo sono caduta nel dorato tunnel delle intolleranze alimentari.
Non ho capito se intollerante a certe cose ci sono sempre stata (e sospetto di sì) oppure lo sono diventata.
In ogni caso mai, dico mai, nessun medico ha pensato di farmi fare uno schifosissimo test. Fino all'illuminazione.
Intollerante a glutine e lattosio.

L'illuminazione è coincisa con l'inizio della dieta talebana a base di riso e gallette di mais.
Ora, posto che, per chi non lo sapesse, essere intollerante - nel mio caso - vuol dire mangiare tendenzialmente granaglie, come un canarino.
E va bene.
Vuole dire pure, quando sei fuori casa, andare in giro con il tuo pacchetto di gallette di mais perchè, mal che vada, mangi quelle.
Vuol dire anche, che il tuo bagaglio in caso di trasferte, è, all'80%, composto da cibo soggetto a naturale sbriciolamento.
Detto ciò, la dieta talebana vuol dire, in soldoni, eliminare qualsiasi cosa goduriosa e appetitosa esistente nell'universo mondo.

E va bene dire addio alle mozzarelle.
Va bene eliminare il panino con la porchetta, va bene sognare un piatto di maccheroni alla norma.
Va bene tutto.
Ma un dolcetto, uno ogni tanto, anche noi intolleranti ce lo meritiamo.
Ieri ho pasticciato un pò con degli ingredienti piuttosto strani.
Ne è però venuta fuori una tortina morbida e dolce color cioccolato.
Non sarà il massimo, ma per chi sta arredando il tunnel delle proprie intelleranze, vi garantisco che è una grande grande cosa.

Torta morbida con farina di carrube

Ingredienti:


- 3 uova
- 150 gr di zucchero di canna
- 1/2 mela
- la buccia di un'arancia
- 1 cucchiaino di miele
- 100 gr di farina di carrube
- 100 gr di farina di riso
- 50 gr di fecola di patate
- mezzo bicchiere di contreau
- un cucchiaino e mezzo di bicarbonato


Tagliare la mela e la buccia d'arancia e metterle in un pentolino insieme ad abbondante acqua e al contreau. Porre sul fuoco e portare a bollore finchè la mela non diventa morbida. Frullare fino ad avere un liquido più o meno denso (c'arrangiamo, c'è poco da fare) e sciogliervi il cucchiaino di miele.
Sbattere i tuorli con lo zucchero e aggiungere, pian piano e intervallate dal "succo di mela", tutte le farine e la fecola mescolate con il bicarbonato.
Foderare una tortiera di c.a. 24 cm di diametro con della carta da forno bagnata e strizzata (per aumentarne aderenza alla tortiera, altrimenti la vostra sarà una dura lotta) e versarvi il composto.
Fare cuocere in forno pre riscaldato a 180° per c.a. 25 minuti.
Fa fede la prova dello stecchino.


Note:

Su suggerimento di Araba Felice (bravissima e delisiosa food blogger) potete sostituire: 1) il "succo di mela" con del succo di frutta o spremuta d'arancia (se potete berla)...insomma, qualsiasi cosa che possa sostituire il latte come liquido. 2) la farina di carrube con farina di nocciole o mandorle

domenica 13 maggio 2012

Il giro del mondo in...80 borse! Europa. E riflessione sugli italiani all'estero.

Ispirata dalla nuova collezione "Il giro del mondo in...80 borse! - Europa-", stamattina, tra una galletta di mais e l'altra, ormai mie fide compagne delle mia dieta talebana anti intolleranze, riflettevo sugli italiani.

 (Anteprima collezione "Il giro del mondo in...80 borse!-Europa- Londra")

Popolo di viaggiatori, poeti....
Seee, domani!
Ma che viaggiatori!
L'italiano, si sa, è stanziale come un cacatus.
Sono sicura che Colombo, sbarcato sulle spiaggie delle Americhe, dopo mesi e mesi di carne secca e pesce salato, avrà chiesto a Montezuma un piatto di trofie al pesto.
Non ci credete?
Bene, ve lo dimostro.

Quali sono i due feticci dell'italiano all'estero?

Ve lo dico io: la Gazzetta dello Sport e il Caffè.

1. La Gazzetta dello Sport.
Gli italiani all'estero li riconosci perchè girano in gruppetti compatti e gli individui di sesso maschile portano, infilato alla cintura o sporgente da un marsupio, il riconoscibilissimo giornaletto rosa che usano a mò di scudo contro qualsiasi cosa che possa, un minimo, inserirli nella cultura del posto che stanno visitando.
Per carità, non voglio dire che l'italiano all'estero non è curioso o sperimentatore ma, alla fine, a cena si discuterà sempre del campionato di calcio in corso.
E gli oriundi lo sanno.

2. Il Caffè.
Il caffè è quello che l'italiano cerca come un drogato in crisi d'astinenza, appena sceso dall'aereo.
Anche se sei in Groenlandia o in Cina.
L'italiano cercherà il caffè.
Matematicamente, come metterà il piede oltre confine, si fionderà in un bar e chiederà un caffè.
Altrettanto matematicamente, al 90%, gli verrà servita una enorme tazza di brodaglia scura dal sapore non meglio definito.
E a quel punto partirà la caccia: il territorio verrà battuto palmo a palmo, caffetteria dopo caffetteria, alla ricerca del caffè meno terribile.
Sentenziando alla fine "Eh, ma il caffè come lo facciamo noi..."
Piccola postilla: questo atteggiamento non risparmia neanche chi il caffè, in patria, non se lo fila di brutto, tipo la sottoscritta.
Al massimo una tazza nel caffèlatte al mattino, ma nulla di trascendentale. Posso tranquillamente vivere senza che il caffè esista.
Infatti, arrivata su suolo Catalano, ho cominciato a cercare caffè e caffetterie con gli occhi iniettati di sangue come se, dal riuscire a trovare un caffè decente, ne valesse la mia vita.

Poi c'è un altro feticcio alimentare che però interessa solo i siciliani - nello specifico i catanesi - e che è un riverbero della c.d. Sindrome dell'emigrante.
L'alimento in questione è la brioscina Tomarchio.
Per chi non la conoscesse, trattasi di una sorta di morbido muffin che ogni bambino catanese ha mangiato come merenda per tutta la durata dell'asilo, elementari e medie (ovviamente intervallato da pizzette, cartocciate e ciambelloni nutrienti - si sa, le mamme meridionali stanno molto attente che la dieta dei propri pargoli non scenda sotto un determinato quantitativo calorico, altrimenti la creatura si deperisce - ).
Non solo. La brioscina Tomarchio ha, per altro, svariati nobili impieghi quali la preparazione del Frappè alla nutella nel chiosco di piazza Roma.

Bene.

Non dico a questo punto di passare i confini nazionali.
No, basta passare lo Stretto per essere presi da un'irrefrenabile voglia di tortina Tomarchio.
Sei a Roma e per colazione in albergo cerchi la brioscina Tomarchio. Non la trovi e, non pago, ti fai un giro turistico nei supermercati del luogo per vedere se la puoi comprare lì.
Niente da fare.
Non c'è.
Non sanno manco cos'è la brioscina Tomarchio.
IMPOSSIBILE, pensi tu, SACRILEGIO, la brioscina Tomarchio è patrimonio dell'umanità e dovrebbe essere protetta dall'Unesco.
Alla fine, il catanese in continente dirà sempre "Peccato, mi faceva proprio cuore di una bella brioscina Tomarchio!"

Quindi, promemoria, cari concittadini: se andate a trovare amici che ormai, abitano aldilà dello Stretto, non vi presentate se non avete con voi un pacco di brioscine Tomarchio.

 (Anteprima: "Il giro del mondo in...80 borse! - Europa - Olanda")


Ps: per attente e scientifiche disquisizioni sulla Tortina Tomarchio, è consigliabile leggere questo post de La Svitata.